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“… Partendo dunque dal principio che nel Medio Evo molti personaggi, non dei minori, fossero affiliati a sette occulte – Templari, Rosacroce, antichi massoni, ecc… - abbiamo supposto, non senza verosimiglianza, che la maggior parte dei membri di quelle società segrete abbiano nel loro blasone dei simboli che permettessero di farsi riconoscere tra di loro, senza far scoprire ai profani ciò che doveva restare nascosto…” ( F. Cadet de Gassicourt – Barone Du Roure de Pauline “L’ermetismo nell’arte araldica “, Edizioni Arkeios).

Lo stemma antico dei Gonzaga

 

 

 

Fra le famiglie nobili che nel loro stemma araldico “occultavano” simboli riconducibili a società segrete possiamo annoverare, con molta probabilità, quella dei Gonzaga, la famiglia che dominò su Mantova per ben  quattrocento anni a partire dal 16 agosto del 1328 quando Luigi Gonzaga, capostipite indiscusso di quella che diventerà una delle famiglie più potenti ed importanti d’Italia, fece uccidere dai suoi uomini Passerino Bonaccolsi, Capitano della città, e prese possesso delle terre mantovane.

La tesi più ricorrente vuole che lo stemma araldico dei Gonzaga nel momento in cui prendono possesso di Mantova sia “fasciato d’oro (n.d.a.: giallo) e di nero” a sei fasce orizzontali. Era però veramente questo il loro stemma originale ?

A mio parere lo stemma dei Gonzaga in origine non era “fasciato d’oro e di nero”, bensì “fasciato d’argento (n.d.a.: bianco) e di nero”. Solo successivamente alla conquista di Mantova l’argento fu sostituito con l’oro, probabilmente, perché l’oro è il metallo più prezioso, simboleggiando così il potere conquistato. Non va dimenticato, inoltre, che i Bonaccolsi nel loro blasone inquartavano un “fasciato d’oro e di rosso”, pertanto i Gonzaga inserendo l’oro nel loro stemma lo “strappavano” alla famiglia nemica che avevano sconfitto.

A supporto della tesi del “fasciato d’argento e di nero” bisogna segnalare che già nel 1918 Giuseppe Gerola in un suo articolo su “Archivio storico lombardo” intitolato “vecchie insegne di casa Gonzaga” elaborava la teoria che ”l’argento e il nero” fossero i colori dello stemma originario dei Gonzaga e come prova segnalava che nell’appartamento della Guastalla in Palazzo Ducale a Mantova erano presenti “stranamente” alcuni stemmi con i colori del bianco (argento) e del nero nel fasciato.

Ancora oggi è possibile vedere lo stemma originario dei Gonzaga, recandosi nella chiesa di S. Andrea a Mantova, nella cui cripta è custodito il Preziosissimo Sangue di Cristo, e soffermarsi davanti all’altare dedicato a S. Longino (il centurione romano che secondo la leggenda portò il Sangue di Cristo a Mantova dopo averlo raccolto sotto la Croce) per notare, nella parte anteriore, due stemmi in rilievo con il fasciato d’argento e di nero.

Un’ipotesi ardita

 

Se osserviamo lo stemma originario dei Gonzaga e il “Beusant”, la bandiera dei Templari, notiamo che i colori sono gli stessi: il bianco (o argento) ed il nero !

Ma qual è il collegamento fra una delle più antiche stirpi italiane e l’Ordine dei Cavalieri del Tempio ?

Per trovarlo dobbiamo ricostruire la storia partendo dalla fine dell’Ordine.

Nel 1314 esso viene sciolto ed i Templari, perseguitati dal Re di Francia, Filippo il Bello, a seguito di tale repressione si dispersero per tutta l’Europa e principalmente in Scozia, Portogallo, Paesi Baltici. Una parte di loro si rifugiò anche in Lombardia.

Proprio in Lombardia, ed in particolare nel Mantovano, si era sviluppata una forte presenza di eretici Catari, proprio quei Catari ai quali cento anni prima i Templari avevano dato protezione nei loro castelli per difenderli dallo sterminio degli eserciti che avevano partecipato alla crociata indetta contro di loro da Papa Innocenzo III (gli stessi Bonaccolsi, dei quali i Gonzaga erano stati vassalli prima di spodestarli, erano stati scomunicati perché eretici).

I Templari che si erano rifugiati in Lombardia dopo il 1314 avrebbero potuto quindi raggiungere le terre mantovane contando sull’appoggio degli eretici catari con i quali probabilmente entrarono in contatto e   aiutare i Gonzaga a conquistare Mantova nel 1328.

Se i Bonaccolsi erano legati da tempo all’Ordine dei Cavalieri Teutonici, i Gonzaga non potevano allora essere legati ai Cavalieri Templari ?

E’ su questa serie di congetture, costruite principalmente su un legame di simboli araldici, che si basa l’ipotesi che vi fosse un nesso fra i Cavalieri dell’Ordine rifugiatisi in Lombardia e la nobile famiglia mantovana che proprio in quel periodo riusciva a conquistare il potere.

Cambia lo stemma araldico della famiglia

 

 

Il 22 settembre dell’anno 1433 , Gianfrancesco Gonzaga, ottiene dall’Imperatore del Sacro Romano Impero Sigismondo di Lussemburgo, di ritorno da Roma ove era andato per farsi incoronare dal Papa, il titolo di Marchese dell’Impero. Le cronache del tempo riferiscono che l’Imperatore, “…li diede uno scudo con l’arma delle quattro aquile in campo bianco, distinto da una croce rossa…”.

L’Imperatore quindi non solo concede ai Gonzaga il titolo nobiliare ma dà loro uno stemma araldico completamente nuovo nel quale sono inquartate le quattro aquile con le ali abbassate, simbolo di sottomissione all’Impero, e la croce patente rossa in campo bianco.

Neppure il più grande esperto di araldica gonzaghesca , il prof. Malacarne Giancarlo, è riuscito a dare una spiegazione circa il significato e la motivazione della croce patente rossa in campo bianco o argento nello stemma gonzaghesco.

La mia versione è che quella parte del blasone fosse un simbolo ermetico interpretabile solo da pochi eletti ed indicasse il legame dei Gonzaga all’estinto Ordine Templare ( simbolo dei Cavalieri Templari era infatti una croce patente rossa su un mantello bianco).

Forse il legame che voleva simboleggiare, ancor più che con l’Ordine Templare, era quello con il Priorato di Sion, l’ordine cavalleresco più segreto e potente di tutti i tempi dal quale si riteneva fossero nati i Templari.

Ancora una volta l’anello di connessione fra i Gonzaga e l’Ordine è rappresentato dai simboli araldici.

Due note anche sull’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo. Appartenente al casato dei Luxembourg, uno dei più antichi d’Europa, egli si dichiarava discendente dei Re dragoni di Gerusalemme della famiglia dei Lusignano. Egli aveva rifondato quello che era ritenuto l’ordine cavalleresco più antico al mondo, l’Ordine della Corte Imperiale e Reale del Dragone ed era molto legato ai Cavalieri Teutonici che sosteneva di controllare.

Ferrante Gonzaga ed il Priorato di Sion

 

Devono passare altri 100 anni circa per poter avere la “prova” del legame fra i Gonzaga ed il Priorato di Sion, l’ordine cavalleresco che si narra fu creato intorno al 1099 da Goffredo di Buglione, dopo la conquista di Gerusalemme, e del quale i Templari furono una “costola” fino al 1188, anno in cui i due ordini a causa di forti dissidi (motivati dalla caduta di Gerusalemme per inettitudine di Gerard de Ridefort, il Gran Maestro dell’Ordine del Tempio ) si separarono con la cerimonia del “taglio dell’olmo di Gisors”.

Durante il sacco di Roma nel 1527, muore Carlo di Montpensier, Connestabile di Borbone, comandante supremo delle truppe imperiali ma soprattutto XIII° Gran Maestro del Priorato di Sion. Al suo fianco, alla guida delle truppe, c’era un giovane di venti anni,  Ferrante I Gonzaga. Figlio terzogenito di Francesco II Gonzaga, IV Marchese di Mantova, e di Isabella d’Este, la signora del Rinascimento Italiano, Ferrante venne presto avviato alla carriera militare e si distinse fra le file dell’esercito imperiale come un combattente coraggioso ed intelligente. Venne nominato dall’Imperatore Carlo V Vicerè di Sicilia prima e poi Governatore di Milano. Fu il primo italiano a ricevere dalle mani dell’Imperatore Carlo V il Collare del Toson d’Oro. Fondò inoltre la dinastia dei Gonzaga di Guastalla, cittadina posta sulla riva destra del Po, distante una trentina di chilometri da Mantova, che acquistò nel 1539 dalla Contessa Ludovica Torelli.

Il giovane Gonzaga non solo sostituì il Borbone, col quale peraltro aveva legami di parentela, alla guida delle truppe imperiali durante il sacco alla “città eterna” , ma prese anche il suo posto alla guida del potentissimo Priorato di Sion.

Se, effettivamente, lo scopo del Priorato era la restaurazione di un nuovo Sacro Romano Impero guidato dai legittimi eredi dei Re Merovingi, portatori nelle proprie vene del “Sang Real” di Cristo, i Lorena, si  spiegherebbe l’accanimento con il quale Ferrante per tutta la sua vita combattè il Re francese Francesco II, appartenente alla stirpe dei Valois e ritenuto, pertanto, un’usurpatore, tanto da essere accusato come il mandante dell’assassino del Delfino di Francia.

Pare inoltre che egli avesse appoggiato Francesco Duca di Guisa (che aveva sposato Anna d’Este, duchessa di Gisors) ed il fratello di questi Carlo, cardinale di Lorena  nelle loro cospirazioni, peraltro fallite, per impadronirsi del trono di Francia. Entrambi erano imparentati con Carlo di Borbone che con tutta probabilità appoggio prima di Ferrante la causa dei Guisa.

Lo stesso Carlo di Guisa fu “reggente” del Priorato alla morte di Ferrante Gonzaga avvenuta nel 1557; ad esso succedette poi nella guida dell’Ordine nel 1575 un altro Gonzaga, nipote di Ferrante, Luigi Gonzaga-Nevers del ramo francese della famiglia che sostituì il ramo principale nella guida del ducato mantovano a partire dal 1628.

Anche Luigi Gonzaga-Nevers sostenne il Duca di Guisa ed al Cardinale di Lorena partecipando alle loro cospirazioni per abbattere la dinastia dei Valois.

Lo strano stemma araldico dei Gonzaga-Nevers

Il blasone dei Gonzaga – Nevers è molto particolare perché non ha “armi” proprie ma è costituito dall’inquartamento di 18 stemmi araldici di altrettanti casati nobiliari, fra cui ovviamente quello dei Gonzaga nella sua ultima versione. Quattro stemmi, in particolare, la dicono lunga sull’importanza dei loro legami. Il primo contiene la Croce di Gerusalemme, insegna araldica che fu di Goffredo di Buglione: era l’insegna del Re di Gerusalemme, il Re dei Re, erede del “trono” di Cristo. Il secondo stemma contiene l’Aquila di Bisanzio, aquila bicipite stemma imperiale per eccellenza e insegna degli Imperatori Romani d’Oriente. Il terzo contiene la Croce di Costantinopoli e ricorda la croce che apparve all’Imperatore Costantino durante la battaglia di ponte Milvio contro Massenzio (in hoc signo vinces), fondatore della Cristianità occidentale; le quattro beta nello stemma significano in greco: Re dei Re, regnante sui Re. Il quarto è “d’argento al capo di rosso”, stemma degli Aleramo che furono Re di Gerusalemme.

Altri due stemmi meritano una considerazione: quello di D’Albret – Orval ( quest’ultimo era un possedimento di Matilde di Canossa che la stessa donò a misteriosi monaci calabresi i quali vi costruirono un monastero poi passato ai Cistercensi. Si tratta di terre da sempre legate alle leggende del Santo Graal) e quello di Borgogna, regione ove nacque l’ordine cavalleresco più conosciuto di tutti, quello del Toson d’Oro.

 

Considerazioni sulle “imprese” e sugli stemmi dei Gonzaga

 

Anche le imprese gonzaghesche danno adito ad interessanti interpretazioni. Quella del cane alano, ad esempio, adottata da Gianfrancesco Gonzaga, rappresenta Alain, il terzo custode del Graal dopo Giuseppe d’Arimatea e Iosefo che raggiungerà le “terre foraine”(la Pianura Padana ?) entrando poi nella città di Maante (Mantova ?). Altra impresa che merita di essere menzionata è quella della bussola, adottata da Ferrante Gonzaga che in qualità di Gran Maestro del Priorato di Sion, aveva il titolo di “Nautonnier” (navigatore o timoniere).

Gli stemmi araldici della famiglia Gonzaga evidenziano che, a partire dal fasciato, prima d’argento e di nero e poi d’oro e di nero, per passare allo stemma moderno, quello con le quattro aquile affrontate in campo d’argento e la croce patente rossa, fino ad arrivare allo stemma allo stemma dei Gonzaga-Nevers, costituito dall’inquartamento di 18 stemmi araldici, tutti contengono messaggi esoterici che dovevano essere compresi da pochi eletti, come l’appartenere quasi sicuramente ad una società segretissima: il Priorato di Sion.

 

Alberto Cavazzoli

 

 

Gli stemmi araldici sono tratti dal libro “Araldica Gonzaghesca”  G. Malacarne – Edizioni Il Bulino

 

Articolo tratto dal n. 10  della rivista “Graal”- edizioni Hera